Smartwookie.
Ora. Parliamoci chiaro: non ho paura di un golpe (a proposito, si pronuncia golpe, con la e finale, e non gòlp, come dicono molti autorevoli opinionisti, che non a caso stanno sempre davanti al cazzo). E non ho paura di un golpe perché peggio di così non potremmo stare. Dopo il jobs act, il massacro delle partite Iva, lo scempio della sanità pubblica, questo federalismo alla sanfrasòn, non vedo cosa potrebbe cambiare con un colpo di stato, a parte forse la reintroduzione di talleri, sesterzi e jus primae noctis. Cioè, per dire, siamo il paese che di fronte a ogni catastrofe annunciata comincia a mendicare chiedendo soldi alla gente, il che può significare solo due cose: o che i soldi c’erano e qualcuno se li è frusciati, o che i soldi non c’erano e quindi siamo di fronte a degli incapaci che finanziano feste festini e festivàl ma alla protezione civile ci si pensa dopo, chiedendo l’elemosina. In tutti e due i casi, per tenerci bassi, non è una bella figura.
Detto questo, non mi piace vedere troppa gente armata in strada. Non mi piace e basta. Ho già vissuto questo momento durante il rapimento Moro e vi garantisco che non è stato affatto bello. E ricordiamoci che siamo alle prese con un’emergenza sanitaria, che i trasgressori le ordinanze sono pochissimi (capisco che che vi abbiano revocato la licenza elementare per manifesta ciucciaggine, ma almeno chiedete a un vostro caro di spiegarvi cosa sono e come funzionano le percentuali, su), e che le epidemie si affrontano con medici e ospedali. Con i medici e con gli ospedali. E mettere gente armata per strada magari fa felici voi poveracci che andate in estasi per i fucilini, ma vi garantisco che non un solo posto letto viene fuori da questa cosa: quando vi ammalerete scoprirete che un posto in terapia intensiva costa molto meno di un blindato, e magari ti fa tornare a casa dai tuoi figli. Il blindato, al massimo, ti porta al camposanto.
Però, come dicevo, non temo il golpe: siamo già combinati bene così, grazie caro, vai vai ti chiamo io uno di questi giorni, ci prendiamo un grandissimo cafè, vai vai, vai pure.
Poi c’è la nota ridicola, visto che siamo in Italia. Cioè, quelli che dicono che l’epidemia si può controllare con un’app.
In Italia.
Cioè, tracciare i nostri spostamenti con un’app. E immagino che questa fantastica app dovrebbe farla il governo italiano, quello che ha buttato decine di milioni per un sito (italia.it) che ci ha fatto ridere dietro dal mondo intero. Un paese dove per la carta d’identità elettronica (non è che vola o ti fa entrare a Narnia, eh, è una fetentissima card) bisogna aspettare qualche mese perché, ahò, quella è roba elettronica, è complicata. E poi comunque mi deve compilare sei moduli cartacei, però oggi non si può fare perché riceviamo solo i giorni con la R dalle vatrova alla cazzonesoio.
Un paese che, secondo il presidente del Consiglio dovrebbe passare in massa allo smartuochi (che non so cosa sia, ma a me viene in mente Chewbacca).
Cioè, voi volete controllarmi attraverso un’app? VOI? DAVVERO? VOI?
Guardate, cari, io non ho niente in contrario. Controllatemi pure. Anzi, facciamo così. In attesa che sviluppiate questa magica applicazione, restiamo che vi telefono io prima di uscire e se non rispondete vi mando un whatsapp per lasciarvi detto dove vado.
Mi sa che facciamo prima.
Le ultime parole fumose