Elogio degli scarsi.
Io amo gli scarsi, gli scarsi veri. Quelli che scrivono libri brutti che più brutti non si può. Giornalisti melensi, politici, starlette. Li amo. Non mi vedrete mai unirmi al coro di quelli che con disprezzo chiamano libroidi le loro fatiche letterarie, anzi: ogni volta che esce un libro così, di quelli talmente brutti che che je voi di’, quelli scritti apposta per le professoresse facenti funzioni di vicepreside, che ogni tanto votano Pd e sognano un uomo che non le meriti, io sono contento. E sono ancora più contento quando un libro palesemente brutto, mal scritto e senza alcun valore scala le classifiche (lo so che scala le classifiche è brutto, ma se c’è qualcosa che può ragionevolmente scalare le classifiche è, appunto, un libro brutto). E non lo dico perché tanto peggio tanto meglio o, per essere più precisi, niente pe’ mme, niente pe’ nisciuno: lo dico per puro egoismo.
E’ vero, come vendite ti battono cento, duecento, mille, centomila a uno, ma questo vale solo se ti interessa vendere più di loro. Se invece conta quello che scrivi tu, come ti senti tu, beh, allora è meglio competere con loro. Perché, come li giri e come li volti, sono scarsi. Non c’è niente da fare. Non sono capaci a scrivere. Sono negati. Non è che scrivono cose banali, o senza senso, è proprio che sono negati, non è arte loro. E competere con gli scarsi è esattamente come competere con quelli troppo bravi: è rassicurante, perché ti metti l’anima in pace ed eviti (nel mio caso eviti ancora di più) quello che i difensori del mainstream chiamano il rosicamento. Perché se è inutile tentare di scartare Maradona a pallone (ancora oggi, senza che fate), è assolutamente inutile competere con gli scarsi. Non essendo un genio, provo un lampante piacere nel leggere un libro brutto, e sono ancora più contento quando scala le classifiche: è il mio modo di sentirmi bravo. Come lettore, preferisco i libri belli, ma di quelli ce ne sono tanti, e sono felice di leggerli e rileggerli. Come persona che scrive, il meschino appagamento che mi viene dal vedere un’accozzaglia di banalità vendere decine di migliaia di copie, in qualche modo, anche patetico, se volete, mi fa sentire meglio. Perché mi rendo conto che non c’è nulla che io possa dire o fare non dico per competere, ma anche solo per pensare di poter entrare in competizione con gente così palesemente incapace. Pensateci: dovreste innanzitutto essere capaci di scrivere un libro decisamente brutto (la mia definizione di brutto libro: non qualcosa che i ciucci vogliono leggere, ma qualcosa che sanno che sarebbero capaci a scrivere anche loro), poi trovare qualcuno scarso come a voi che ve lo pubblichi, e poi incontrare il favore di alcune decine di migliaia di decerebrati. E capirete che così, o ci nasci o sei fottuto. Per chi aspira a scrivere qualcosa di anche lontanamente valido è molto più frustrante doversi confrontare con quelli davvero bravi, scoprire ad ogni riga che quello che stai leggendo non saresti mai capace a scriverlo.
Come diceva Joy di My name is Earl, per essere felice ti bastano due amiche: una più povera e l’altra più grassa di te.
Ecco, a questo servono gli scarsi. A farci sentire più bravi. Conservatevi sempre in buona salute. I soldi non li farò mai, ma è merito vostro se riesco a sentirmi migliore di qualcuno.
Le ultime parole fumose