Cari amici giornalisti, virgola
Ieri leggevo un articolo di un importante giornalista che mi ha fatto salire la pressione a seimila. Non ve lo linco perché da un po’ ho deciso che faccio come loro, che se non sei amico loro e si devono fottere una cosa tua scrivono dalla rete, quindi da oggi io scrivo dai giornali e bona le’. In sostanza, dopo la solita tirata contro Grillo (che, ripeto, non stimo e non voto), partiva la tirata contro la internet cattiva cattiva che si fotte i loro fantastici articoli per farli leggere aggratis alle masse assetate di cultura, che così li si riduce, loro, poeti laureati, all’infimo livello di blogger (cacca, non si tocca, pù pù). Ora, io sono molto affezionato ai giornali, e vi confesso che per anni ne ho comprati anche tre al giorno: le prime cose le ho pubblicate su un giornale di carta, e insomma un po’ d’affetto mi è rimasto. Quindi, ho deciso di regalare a quelli dei giornali (tutti, dal manifesto a Libero, così si imparano a dire la rete), un’analisi che altrimenti dovrebbero pagare fior di quattrini. Consideratelo il mio personale regalo d’addio, e andiamo a vedere.
Numero a) VENDETE SEMPRE MENO COPIE. Ora, quello che potete fare è dare la colpa alla rete, a Grillo, alle macchie solari, al fatto che il guardalinee è napoletano, oppure potete guardare in faccia la realtà . Il giornale costa troppo? No: costa è, vero, ma sarebbe un costo accettabile se fosse adeguato a quello che offrite, che è, ammettiamolo, sempre meno di quello che uno trova gratis in rete. Ma di questo parliamo dopo. Un abbonamento a Sky costa uguale, ma la gente taglia voi e non Sky (e prima o poi taglierà anche quello), perché se io accendo il canale satellitare, quello funziona. Ci trovo il filmaccio italiano de sinistra, ma anche i film di John Ford, di Lang, dei Cohen e via discorrendo. Se trasmettesse Servillo dalla mattina alla sera, come fate voi su carta, Sky di abbonati ne avrebbe tre.
Numero b) LA TECNOLOGIA E’ VOSTRA NEMICA. Non è vero, siete voi che siete ciucci. Vivete su un modello di business che è nato nel 1800. Finora vi è andata bene, ma dovreste chiedervi perché oggi si va in aereo invece che sugli zeppelin, in moto invece che a cavallo del ciuccio, ci si cura con l’antibiotico invece che coi salassi. Vi ha detto culo finora, siatene grati e fate come facciamo noi: adeguatevi. E fatelo in fretta, invece di frignare come checche isteriche.
Numero c) NON SIETE ATTENDIBILI. E non lo siete no. Perché vi lamentate come beghine quando gli aggregatori pubblicano le vostre notizie (peraltro reperibili prima, e con fonti verificate, su un qualsiasi social network ), e poi con le vostre colonne destre vi fregate tutto il fregabile dalla rete. Salvo che gli aggregatori pubblicano notizie, e voi gattini tenerini, orsi che chiavano, femmine a culo all’aria: cioè, merda. E non capite che il pubblico che guarda la foca che sorride sulla vostra colonna destra* NON E’, e non è mai stato, un pubblico che va in edicola e caccia i soldi. Complimenti, avete i click di quelli che guardano la Venier, ma non è il pubblico che vi serve, anzi, vi fa perdere la vostra fetta storica di clientela.
Numero d) SIETE UNA CASTA DIVISA IN SOTTOCASTE. E questo, se dovete fare un prodotto tutti insieme, non funziona. Perché è chiaro che nelle redazioni ormai c’è chi guadagna 100 e chi guadagna 1, e come si dice, se paghi noccioline avrai un lavoro da scimmie. E così ecco tirate interminabili di tromboni ricchissimi affianco agli asteroidi trovati in casa di Pistorius. Risultato, da una parte ammorbate le palle, dall’altra fate figure di merda: e come lo vendete, un prodotto così?
Numero e) VI SIETE VENDUTI IL CULO. Il fatto è che dal titolo del quotidiano, oggi, si capisce quali siano gli interessi del padrone; ora, è vero che la gente è cretina, ma quella che compra i giornali, adesso che ha meno soldi in tasca, lo è un po’ meno, e soprattutto meno di voi. Se recensite benissimo il filmetto dell’amico vostro, che poi si rivela essere una sciorda, avete fatto un male servizio a voi, all’amico vostro e al vostro lavoro: vi sentite furbi, ma state segando il ramo sul quale siete seduti, volpini. Per non parlare del fatto che se un ristorante vi può far riscrivere una recensione che non gli è piaciuta, beh, siete autorevoli come a un bambino di tre anni. E poca gente è disposta a dare una mancetta di cinquanta euro al mese a un criaturo.
Numero f) BASTA SCHIFARE I BLOGGER. Vi giuro che mi tolgo da mezzo al discorso, ma non vi siete accorti che molta gente si fida più dei propri blogger di rifermento che di voi, e questa è una cosa con la quale dovete imparare a convivere. Sapete, voi ragionate dicendo eh ma a me mi danno i soldi, quello lo fa per passione. APPUNTO, BABBALEI: secondo voi, in tempo di crisi, la gente di chi si fida di più? Di un dilettante appassionato e competente (e guardate che fra i blogger che leggo io c’è gente che vi fa il culo a taralli in tre minuti in quanto a  competenza, dignità e grammatica) o di uno che prende i soldi per scrivere quello che scrive?
Potrei continuare per ore, ma per ora vi basti questo regalo. Non capite male, queste cose ve le dico da appassionato. Mi piacerebbe tornare a comprare un giornale e prometto sempre a me stesso che un giorno tornerò a farlo. Magari quando avrete smesso di vomitare merda su Grillo (ma non lui come persona, se fosse, che so, Moggi sarebbe uguale) perché, guarda caso, minaccia di togliervi gli aiuti pubblici.
Anche perché dovete sapere che, nel mondo reale, la gente aiuti pubblici non ne riceve. Voi sì.
* Ci tengo a precisare che per colonna destra non intendo riferirmi a  Repubblica, che pure mazzolo spesso e volentieri, ma a una pessima abitudine di tutti i giornali italiani. Nessuno escluso.
Si vedeva già da Statti Attento che le pagine sul giornalismo erano le più riuscite. Aspettiamo impazienti l’uscita della prossima opera, che su questo argomento promette di fare il botto. Massimo rispetto Amlè, onest.
Approposito… quando esce il libro nuovo? che questo ormai ce lo siamo imparato a memoria…
Splendido il tuo post, sottoscrivo tutto dall’inizio alla fine. Mi chiedo solo come sia possibile ripensare al modello aziendale. Penso al caso del Wall Street Journal, in sostanza ti fanno leggere solo un numero basso di articoli online (mi sembra otto al mese se ti limiti a registrarti e a dargli i tuoi dati per usi di marketing), se vuoi leggere di più paghi e hai tutto il loro archivio a disposizione. Il punto credo sia relativo al tipo di giornale; nel caso di quello che forse può esser considerato il primo quotidiano di commento finanziario al mondo magari questo modello ha senso. In fondo, se mi occupo di finanza (o di ricerca in campo economico) i soldi per pagare l’abbonamento li tengo e quindi generalmente pago. Ma per i quotidiani generalisti davvero non so come si possa fare. Il ‘The Guardian’ è in crisi perente dal punto di vista finanziario eppure il numero degli accessi online è altissimo. Quindi, credo si possa dire che con la sola pubblicità online, senza cioè una forma di abbonamento, è quasi impossibile produrre buona informazione e rientrarci con i soldi a fine mese (triste ma necessaria realtà ). Solo che abbonarsi significa limitarsi, io pago e leggo sempre lo stesso giornale, non sono libero di cambiare canali di informazione con l’evolversi delle notizie che più mi interessano. Magari il lunedì mi voglio leggere il Corriere dello sport, ma magari il sabato dopo la chiusura dei mercati mi interessa maggiormente il Sole 24ore. Ho sempre visto gli abbonamenti (tipo quelli per i tablet) come un modo di auto-limitarsi. Vedremo che fine faranno i giornali tra qualche decina d’anni..
Essì. Sì, han rotto i maroni.Â
E’ inutile che dicano che la crisi della carta stampata è dovuta a internet, perché è iniziata ben prima.
E sì, l’aspetto grammaticale mi fa veramente venire l’ulcera.
Però le notizie disponibili sui social network con fonti verificate sono dispacci di agenzia, che sono sempre scritti da giornalisti… Per il resto, d’accordissimo soprattutto sul punto D: dipende dal fatto che trattasi di categoria che ha campato molto al di sopra delle sue possibilità per decenni.