I 10 Negozianti Che Vogliono Fallire.
1) Il Cinese Sospettoso. Rileva un negozio di seicento metri quadrati e ci mette dentro una merceria-bazar nella quale vende di tutto, ma è tirchio, quindi mentre degli altri negozi di cinesi ci lavorano dalle sei alle settecento persone, lui tiene la moglie incinta al ventiseiesimo mese alla cassa mentre gira per controllare il magazzino. Il problema è che è razzista, e convintissimo che gli italiani abbiano come unico scopo nella vita quello di derubarlo, quindi appena entrate vi si appiccica letteralmente addosso marcandovi a uso Bruscolotti, senza nemmeno fare la solita finta di dire cosa selve signole? Se lo volete fare impazzire entrate in tre e dirigetevi con fare circospetto in tre punti diversi del negozio da dove non vi può tenere d’occhio contemporaneamente. Poi uscite ridendo, mettevi sul marciapiede e godetevi la scena di lui che si sfoga sulla moglie incinta.
2) Er Barrista Che Fuma. Rileva uno di quei bar che cambiano gestione una volta alla settimana, ma non si capisce perché. Il giorno dell’apertura le zie gli regalano un ficus di un metro con una coccarda rossa larga sei, lui lo piazza davanti alla porta e da quel momento non smette di fargli la guardia. Se buttate un occhio dentro lui vi guarda dal fumo della sigaretta e vi fa cenno di entrare, ma la cosa bella è che non entra lui. Vi lascia lì al bancone, a guardare con aria afflitta le bottiglie di amaro Isolabella rimaste dalla gestione del 1967 finché non prendete coraggio e ve ne andate. E’ in quel preciso momento che lui, dalla porta, mentre state per risalire in macchina vi urla: desideraaaaaa?
3) Er Negozio Er Padrone E’ Nattimo Fora Io So’ Namico Ha Detto Daspettallo. Poco frequente nei centri di grande passaggio, è praticamente la regola nel quartiere più o meno piccolo. Solo che la cosa funzionava quando Roma era piccola e nei quartieri ci si conosceva tutti, non ora che la Garbatella è quanto a Shangai. Tu entri, ti rivolgi al tizio dietro al bancone, gli spieghi dettagliatamente cosa ti serve e perché: lui ti ascolta interessato, annuisce, fa anche un paio di osservazioni pertinenti, poi apre le braccia e ti dice che il titolare è fuori e devi aspettarlo, così restate lì a guardarvi tipo ascensore per venti minuti. Poi finalmente lui riceve una telefonata, ammicca, sorride, poi ride contento, ti guarda e fa: non torna più, riprovi domani.
4) La Libreria Di Una Volta. Generalmente gestito da un vecchio ricchione o da una vecchia ricchiona, obbligatorio l’occhialetto da vecchio ricchione sul naso. Già se ti vedono che guardi le vetrine ti guardano schifati da fuori perché in capa a loro tu devi entrare e chiedere a loro e poi loro decidono cosa ti devi comprare perché loro sono I Librai Di Una Volta. Se poi, a tuo rischio e pericolo decidi di entrare lo stesso, qualsiasi libro tu chieda, anche un rarissimo incunabolo introvabile, la risposta sarà sempre la stessa: caro signore, non siamo mica ai grandi magazzini, qui. E quando gli fai notare che gli hai chiesto, che so, Il circolo Pickwick e non l’ultimo di Paolo Giordano, ti guardi intorno e ti accorgi che di Dickens non ha un benamato cazzo, ma Isabella Santacroce, la Avallone e la Mazzantini abbondano. E’ in quei momenti, e solo in quelli, che benedici le Feltrinelli che lo stanno facendo fallire.
5) Il Negozio Equo E Solidale. Come entri ti becchi seimila manifesti di bambini con gli occhioni tipo bambi che ti intimano di adottarli a distanza, pena la dannazione eterna, poi però arriva la giovane lesbica che lo gestisce e comincia a illustrarti le virtù della nuova tisana raccolta da una cooperativa di cani sedicenni alle pendici di un complesso montuoso in Sudamerica. Tu in realtà hai sbagliato negozio, volevi andare in quello accanto a vedere se tenevano un mouse usb, però impietosito scegli lo stesso un pacchettino di pepe nero (due euro al supermercato) in una confezione di carta che puzza di merda (TUTTO, nel negozio, puzza di merda) e la equasolidale prova a fartelo pagare trenta euro. Alle tue educate rimostranze si offende, ma tanto tu lo sai che se devi pagare a peso d’oro tre grammi di qualcosa che proviene dal Sudamerica tanto vale che ti comincia fare la bamba, almeno te diverti.
6) Il Negozio Occupy My Friends. Sono i negozi dei figli debosciatissimi dei ricchi, che dopo aver provato ventisei anni di licei privati, alla fine papà gli apre il magazzino giusto per fargli fare qualcosa. Qualsiasi cosa vendano (a parte le agenzie di viaggi, perché in quel caso il debosciato si prenota da solo un viaggio nelle Capitali Della Droga E Della Pucchiacca e sparisce per due anni lasciando la porta aperta e il cartello TORNO SUBITO), è inutile che ci entriate, perché il giovane virgulto ha trasformato il negozio in una succursale della sua cameretta e praticamente stanno lui e i suoi amici a fumare e a sentire musica techno di dieci anni prima e a scambiarsi battute da comitiva. Si rifiuta proprio di chiederti cosa vuoi, tanto a lui cazzo je frega, i sordi cellà, però quando te ne vai ti saluta calorosamente e ti invita pure a tornare per un caffè.
7) Il Negozio Riparo Tutto. Quando apre, ti sembra di aver toccato il cielo con un dito. Finalmente, ti dici, qualcuno che ha capito che bisogna andare controcorrente, che bisogna uscire dal più becero consumismo, che quelle le cose quando si rompono bisogna ripararle e non buttarle, e che cazzo. Così, tutto giulivo, quando ti si rompe qualcosa lo porti lì dal giovane in camice bianco, lui guarda l’oggetto e poi ti fa ah caro signore, questa è roba moderna, non si può riparare, bisogna buttarla, costa meno comprarla nuova. Allora capisci che è uno che ripara solo la roba vecchia, che può sopravvivere solo se inventa una macchina del tempo che lo riporti negli anni 70, però comunque provi a portargli una cosa d’epoca ma neanche tanto: lui la guarda per bene, poi va al pc, lo consulta, torna e ti fa: i pezzi di ricambio su ebay costano ventitremila euro, però se vuole la manodopera gliela metto tremila invece di tremilacinquecento. Per un tostapane dell’Upim del 1973.
8 ) Il Negozio Di Quello Che Si Fa I Cazzi Tuoi. Trattasi di negozio estremamente inquietante. Sta di fronte casa tua, vende roba marginale e non ci sei mai entrato. Una volta che lo fai, il titolare ti corre incontro e ti chiama per nome. Vieni così a conoscenza del fatto che il titolare del magazzino conosce perfettamente tutte le tue abitudini, le tue amicizie. Sa quando esci la mattina, quando torni, dove fai la spesa e che cosa compri; dalle buste della spesa e dalla frequenza con la quale nota quelle del discount sa dirti il tuo 740 con un’approssimazione di otto centesimi al massimo. Per fortuna fallisce dopo dieci giorni, se no ti toccava cambiare casa, quartiere e pure città.
9) Il Negozio Non Esiste. Il Negozio Non Esiste è stato inventato a Salierne, lì perfezionato a livello professionale e quindi esportato nel mondo della scustumatezza: Funziona così. Tu entri in un negozio, poniamo di jeans che ha la vetrofania LEVI’S, e chiedi un 501, probabilmente il più venduto al mondo. La commessa prima fa finta che non vede e non sente, poi inarca un sopracciglio, ti guarda e fa: che cosa, scusi? Tu ripeti educato: un 501, taglia 32, grazie. E lì parte il colpo del maestro: invece di dirti che li hanno finiti (sei in grado di capirlo, sono probabilmente i più venduti al mondo, può capitare che momentaneamente manchino), la commessa ti informa che la LEVI’S non si è mai sognata di produrre un modello 501 e che probabilmente, anzi sicuramente, tu assumi sostanze che ti fanno sognare modelli di jeans mai esistiti. Se non sei di Salierne e non conosci il trucco sono capaci pure che ti vendono un jeans da femmina rosa a zampa.
10) Il Negozio Con La Commessa Bonarella. A differenza di quanto si crede, il Negozio Con La Commessa Bonarella è destinato al fallimento quasi immediato. Infatti la bonarella in questione è generalmente un puttanone di ventisette anni leggermente sovrappeso però col culo da fuori, che proprio perché appena bonarella e non Bona se ne va immediatamente di capa e comincia a diventare scostumatissima e si offende come se le avessi chiesto di farti un bucchino pure se le chiedi il dado da broro. Quindi i maschi smettono di andarci perché è scostumata e le femmine non ci vanno perché lei è bonarella e loro no. Curatore fallimentare.
se faccio il giro del palazzo, li trovo tutti
Il negozio NON ESISTE lo hanno specializzato al paese mio. Io abito dove la “torta di riso è finita”. E ultimamente anche il resto.
potrei linkare 10 indirizzi, di 10 negozi che corrispondono perfettamente alle descrizioni che hai fatto.
Amlo, come al solito sei un genio. qui intorno ci sono tutti ma soprattutto il negozio non esiste è molto ben rappresentato